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L’ibridazione organizzativa di un produttore di cohousing: opportunità o necessità?

In MeWe abitare collaborativo ci poniamo spesso se e come evolvere la nostra struttura organizzativa per poter produrre meglio case in cohousing. E cerchiamo di capire come il settore dell’abitare condiviso avente rilevanza sociale può rispondere al mutare della domanda. Chi opera nel real estate gestisce anche immobili? Nel settore del real estate si inizia […]

In MeWe abitare collaborativo ci poniamo spesso se e come evolvere la nostra struttura organizzativa per poter produrre meglio case in cohousing. E cerchiamo di capire come il settore dell’abitare condiviso avente rilevanza sociale può rispondere al mutare della domanda.

Chi opera nel real estate gestisce anche immobili?

Nel settore del real estate si inizia a delineare un cambiamento significativo nel ruolo degli sviluppatori immobiliari, che non solo si concentrano sulla realizzazione del prodotto casa, ma si evolvono anche verso la gestione e l’offerta di una vasta gamma di servizi rivolti sia all’immobile e sia agli abitanti, evidenziando una trasformazione organizzativa chiave nel settore stesso.

Ancor più marcata la tendenza a integrare servizi nel proprio modello di business immobiliare lo possiamo riscontrare allorché analizziamo ciò che succede nel sottomercato del project financing e, in generale, nelle variegate partnership pubblico/private.

Come si trasforma il modo di produrre casa sociale, non solo in cohousing

Questi processi trasformativi, trasportati nel mondo della cooperazione, aprono scenari inediti.

La necessità di far fronte a bisogni sociali di casa sempre più complessi è suscettibile di tradursi nel tentativo di costruire un sistema di risposta facilmente personalizzabile e in grado di adattarsi ai cambiamenti di scenario che il “sociale” sta vivendo negli ultimi anni.

Per come abbiamo visto arricchirsi la domanda di servizi di supporto o integrativi all’abitare, la capacità delle dinamiche di mutualità tra residenti nelle forme di cohousing di rispondervi compiutamente ci sembra difficile. Ciò suggerisce l’allargamento del bacino di imprenditorialità sociale nel settore abitativo, chiamato a estendere il suo perimetro d’azione e a essere esposto alla nascita di nuove forme organizzative.

Il processo di ibridazione organizzativa di un promotore immobiliare non profit, non necessariamente specializzato nel cohousing, si riferisce alla capacità di adattarsi all’evoluzione della domanda di casa, producendo non solo abitazioni, ma anche servizi integrativi e di supporto all’abitare.

Al pari di ciò che abbiamo visto nascere con le cooperative di comunità, nel settore abitativo la necessità di sperimentare modelli e forme inedite richiama la nascita di ibridi organizzativi in termini di competenze e natura identitaria dei soggetti suscettibili di essere aggregati.

Questo processo implica una trasformazione dell’organizzazione stessa, che si evolve da un modello tradizionale a uno ibrido, in grado di rispondere in maniera più completa alle esigenze abitative dei futuri residenti e della comunità. Fa parte di questo processo di ibridazione l’arricchire delle competenze soft per la coltivazione di una piccola comunità intenzionale di futuri residenti tipica della produzione di cohousing un tradizionale operatore sociale di casa.

La transizione verso un modello ibrido richiede, però, un’analisi approfondita delle esigenze del mercato, nonché la capacità di offrire servizi aggiuntivi, come ad esempio assistenza nella gestione delle abitazioni, servizi di comunità e altre forme di supporto all’abitare. Questo cambiamento comporta, quasi necessariamente, la collaborazione con altre organizzazioni e la ridefinizione del modo in cui il promotore immobiliare opera all’interno della comunità.

Forme di ibridazione organizzativa rispetto all’idea di casa che si trasforma

Nel contesto attuale, caratterizzato da crescente vulnerabilità economica anche per fasce di popolazione in passato non classificabile come “svantaggiata” (es. giovani, studenti, anziani), il tema dell’abitare interseca la cooperazione sociale su almeno due traiettorie di sviluppo, non necessariamente alternative una all’altra:

  • la casa come “servizio”, dove pratiche di convivenza intra o intergenerazionale trovano nella condivisione un’utilità immediata rispetto ai propri bisogni, dando vita alle esperienze di cohousing;
  • il welfare abitativo, dove l’affordable housing diventa il punto di partenza per rispondere anche ad altri bisogni, dall’inclusione sociale a quella lavorativa fino a quella culturale.

È in questa molteplicità di finalità, costruite attorno al tema della casa, che si esprime il potenziale di investimento della cooperazione sociale nel settore dell’abitare, che diventa anche occasione di costruzione di nuove filiere: dalle imprese di costruzione per la ristrutturazione degli immobili e loro manutenzione fino ai servizi per gli abitanti (mobilità condivisa, pulizie, portineria), attraverso i servizi riservati ai soggetti più fragili tra gli abitanti in housing sociale, che attraverso percorsi di inclusione recuperano l’autonomia economica necessaria a garantire la sostenibilità stessa degli immobili, fino ai percorsi di inclusione dei migranti, che punta a superare l’emergenza dell’accoglienza per costruire anche percorsi di integrazione economica e culturale attraverso il recupero delle relazioni con i quartieri.

Nell’ambito di questa riconfigurazione del settore della produzione di casa si delinea un ruolo nuovo anche per i soggetti di rappresentanza intermedia, che diventano necessariamente attivatori di processi innovativi, passando dall’essere “timonieri” a facilitatori e piattaforme abilitanti di dinamiche libere a geografia variabile.

Nel futuro di MeWe abitare collaborativo, un giovane produttore sociale di cohousing, ci sarà una partnership con qualche cooperativa specializzata nel settore sociosanitario ed educativo? o nell’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati? o nel settore culturale?