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Offrire casa a prezzi accessibili incontra tanti ostacoli: alcuni a livello europeo sono incredibili

Più volte noi di MeWe abitare collaborativo abbiamo scritto e detto che vediamo il livello di governo europeo quello maggiormente indiziato a delineare il quadro finanziario e normativo per aprire una nuova fase in cui gli Stati possano ipotizzare estensivi piani di edilizia sociale. Piani e programmi all’interno dei quali pensiamo di poter inserire un’apprezzabile […]

Più volte noi di MeWe abitare collaborativo abbiamo scritto e detto che vediamo il livello di governo europeo quello maggiormente indiziato a delineare il quadro finanziario e normativo per aprire una nuova fase in cui gli Stati possano ipotizzare estensivi piani di edilizia sociale.

Piani e programmi all’interno dei quali pensiamo di poter inserire un’apprezzabile offerta di alloggi in cohousing e nelle altre forme di abitare condiviso.

E, allora, cosa avremmo chiesto ai partecipanti alla Riunione Ministeriale informale sull’edilizia abitativa e le politiche urbane che si è tenuta il 13 e 14 novembre scorsi sotto gli auspici della presidenza spagnola del Consiglio della UE?

Avremmo posto una questione molto poco sexy come lo possono solo essere le necessità di cambiamenti legislativi, in particolare la revisione della decisione sui servizi di interesse economico generale (SIEG) della UE nel 2012.

Sul punto è opportuno ricordare che, in quanto servizio di interesse economico generale (SIEG), l’edilizia sociale sarebbe esentata dagli obblighi di notifica degli aiuti di Stato se non fosse l’unico settore per il quale la Commissione europea prevede uno specifico gruppo obiettivo (i cittadini svantaggiati o i gruppi sociali più svantaggiati) e che ciò non avviene per gli altri servizi sociali.

In altri termini, la disciplina dei SIEG limita la possibilità di fornire alloggi sociali e a prezzi accessibili per tutti o, comunque, per le famiglie a reddito medio, cioè quelle che oggi risultano più esposti alle dinamiche del mercato immobiliare.

L’attuale definizione restrittiva di edilizia sociale la limita soltanto alla fornitura di alloggi ai cittadini più svantaggiati o a gruppi sociali più fragili.

Le ragioni, quelle non dette esplicitamente, sono difficili da sostenere: ampliare la platea dei beneficiari determinerebbe un certo disturbo al funzionamento attuale del mercato immobiliare. Evidentemente, per non disturbare, è sempre meglio coprire di debiti e stressare fino all’esaurimento le famiglie nel pagamento delle rate di un mutuo.

A nostro avviso, invece, è necessaria una disciplina aggiornata dei destinatari dell’edilizia sociale, che includa anche gruppi e famiglie a reddito medio: in questo senso le norme europee sugli aiuti di Stato devono essere adeguate per tenerne debitamente conto.

Questa richiesta, che non è solo nostra ma emerge dal grande e variegato gruppo dei promotori di edilizia sociale come CCRE, Eurocities, Housing Europe e dell’Unione Internazionale degli Inquilini, riprende la raccomandazione dei Ministri alla Commissione Europea volta ad adottare un approccio rinnovato nella Decisione SIEG del 2012 e di rivedere di conseguenza le norme UE sugli aiuti di Stato.

L’aggiornamento della disciplina darebbe sostegno e concretezza all’appello rivolto dai Ministri dell’Edilizia nel progetto di Dichiarazione di Gijón alla Commissione Europea allorché si legge del “discutere e valutare un’estensione della definizione di insediamenti di edilizia sociale che attualmente possono essere considerati un servizio di interesse economico generale e quindi facilitare l’applicazione della disciplina degli aiuti di Stato nelle politiche abitative”.

Sembra abbastanza incredibile doverlo dire ma, ancor oggi, la disciplina dei SIEG e degli aiuti di Stato costituisce un rilevante ostacolo per garantire una produzione di offerta abitativa, tra cui quella in cohousing, al gruppo target delle famiglie a reddito medio, cioè quel segmento di società che più ha da perdere in periodi di crisi o di transizioni come questo.