News

Cohousing e autismo (parte seconda)

Nella prima parte del ragionamento sulle relazioni tra autismo (o, più in generale, soggetti neurodivergenti) e modi di abitare riconducibili al cohousing o ad altre varianti di abitare condiviso ci siamo soffermati sulle difficoltà che questi soggetti incontrano normalmente sul mercato immobiliare. Ora vediamo di affrontare il tema delle soluzioni possibili. Cominciando con un paio […]

cohousing e autismo

Nella prima parte del ragionamento sulle relazioni tra autismo (o, più in generale, soggetti neurodivergenti) e modi di abitare riconducibili al cohousing o ad altre varianti di abitare condiviso ci siamo soffermati sulle difficoltà che questi soggetti incontrano normalmente sul mercato immobiliare.

Ora vediamo di affrontare il tema delle soluzioni possibili. Cominciando con un paio di premesse: primo, per un genitore con un figlio autistico non è ideale una sistemazione in una casa riposo. Secondo, quello stesso genitore avrebbe piacere di avere il proprio figlio al suo fianco fino alla scomparsa.

La soluzione che vediamo noi che ci occupiamo di cohousing è un sistema residenziale dotato sia di una residenza sanitaria o protetta per persone con disturbi dello spettro autistico e sia di un vero e proprio cohousing intergenerazionale con servizi specifici pensati alle famiglie con bambini autistici.

Il sistema, suscettibile di essere organizzato in un complesso residenziale o in un villaggio, applica il concetto di comunità di inclusione: dovrebbe accogliere le persone con autismo e le loro famiglie, offrendo loro la possibilità di condividere spazi e svolgere diverse attività e terapie tali da accompagnare i ragazzi in una “educazione strutturata per tutta la vita”, preparandoli alla loro residenza autonoma quando non ci saranno più i genitori.

La prima articolazione del sistema è il “cohousing per l’autismo”, ovvero una comunità residenziale, lavorativa e terapeutica, composta da persone autistiche e dai loro familiari.
Questo cohousing potrebbe essere composto da nuclei familiari di anziani (una percentuale) a cui integrare una quota di famiglie con bambini con disabilità intellettive di altra natura. Queste ultime non dovrebbero superare il 15/20% in totale, in modo che l’idea generale del sistema residenziale non sia distorta.
Ciò che dovrebbe contraddistinguere queste peculiari comunità di cohousing è la caratterizzazione degli spazi comuni che completano le abitazioni private. Per le persone autistiche devono essere previste aree gioco, officine per occupazioni artigianali, officine ciclistiche, un orto agricolo o una serra e alberi da frutto.

La seconda articolazione del sistema residenziale che stiamo delineando è rappresentato da una residenza protetta o similare, con diversi gradi di assistenza e autonomia, che accolga e accompagni i bambini autistici diventati ormai adulti fino alla loro fine.