News

Cosa vuol dire essere soci di un’impresa sociale (che fa cohousing)?

MeWe abitare collaborativo è un’impresa sociale specializzata nella promozione immobiliare di interventi in cohousing e nelle altre varie forme di abitare condiviso. Spesso si è dato spazio alla specializzazione immobiliare e al tema del cohousing, molto più di rado si è dato l’accento al fatto di essere impresa sociale. E, invece, per MeWe abitare collaborativo, […]

MeWe abitare collaborativo è un’impresa sociale specializzata nella promozione immobiliare di interventi in cohousing e nelle altre varie forme di abitare condiviso. Spesso si è dato spazio alla specializzazione immobiliare e al tema del cohousing, molto più di rado si è dato l’accento al fatto di essere impresa sociale.

E, invece, per MeWe abitare collaborativo, il suo essere impresa sociale è rilevante: per questo motivo, sabato 30 ottobre, è stato organizzato un momento di ritrovo e di team building tra i suoi soci in cui condividere, formarsi e contaminarsi. Per un’impresa sociale i soci, le persone che hanno la qualifica di socio, sono parte sostanziale del capitale sociale. E sono così importanti da essere rappresentati, tutti, nel logo e ciascuno catatterizzato da quella attitudine e passione che lo fa aderire all’esistenza, alla sostanza, alla “sua terra” di princípi e valori, quella che li sostiene e li fa ridere. Vediamo il perché sono così importanti.

 

Quando serve l’impresa sociale?
Un’impresa sociale nasce quando la cultura di impresa è costretta ad allargare le braccia sconfitta: «Questo è impossibile – dice l’impresa – qui il mercato non ci arriva». È quello il momento in cui qualcuno prende atto che il mercato, certe azioni volte a offrire determinati prodotti o servizi, non può considerare nemmeno la possibilità di intraprenderle. Nel caso di MeWe abitare collaborativo, una casa dotata di spazi privati e di spazi condivisi (che ciamiamo, per brevità, cohousing) a un prezzo inferiore a quello di mercato e realizzata attraverso l’erogazione di una serie di servizi organizzati lungo un processo che punta alla costruzione della comunità intenzionale dei futuri residenti.

Si può innovare, ottimizzare, tagliare i costi ma, non c’è nulla da fare: curva della domanda e dell’offerta si potranno anche avvicinare ma, per quanti sforzi si facciano, non si incontreranno mai. Si può essere efficienti e dinamici quanto si vuole, ma spesso i conti per un soggetto immobiliare che si alimenta di sole risorse di mercato in questi casi non tornano e non possono tornare.

Un’impresa sociale, in questo senso, è un’organizzazione non profit che agisce al fine di includere nel godimento di un bene o servizio di interesse generale cittadini che generalmente ne sono esclusi, cioè persone o famiglie che non hanno le risorse per poterne godere. Nel caso di MeWe abitare collaborativo, un alloggio in cohousing, o in altre forme di abitare condiviso, a prezzi accessibili. Come si fa, però, a fare ciò? Come può un’impresa sociale come MeWe abitare collaborativo offrire alloggi in cohousing in un determinato territorio in cui nessun soggetto for profit troverebbe sostenibile offrirli?

 

Cosa distingue un’impresa sociale?
La risposta, ridotta alla sua componente essenziale è: l’impresa sociale può farlo se dispone di risorse di cui le altre imprese non dispongono e in cui abbia sviluppato una specifica capacità nell’integrarle entro un’azione imprenditoriale. L’impresa sociale destinata ad avere successo è quella in grado di integrare in un’azione imprenditoriale risorse di mercato e risorse extra mercato, essendo le seconde quelle che costituiscono il differenziale in grado di infrangere i limiti che il mercato non riesce a superare.
Quali sono queste le risorse extra mercato? Una tassonomia completa è ardua da stilare, queste, però, ad avviso di MeWe abitare collaborativo sono le prime “conditio sine qua non”:
• la disponibilità dei soci azionisti a conferire all’impresa il risultato di esercizio in misura superiore rispetto ad altre imprese, rinunciando alla propria soddisfazione economica;
• la disponibilità da parte di soci e di altri investitori a conferire anche capitali, a bassa remunerazione rispetto al tasso di remunerazione dell’equity nel settore immobiliare;
• la presenza di soci volontari, che apportano energie aggiuntive sconosciute alle imprese ordinarie;
• la disponibilità dei dirigenti, dei dipendenti e dei fornitori a mettere a disposizione dell’impresa un effort extra in ragione della condivisione dello scopo sociale;
• la disponibilità di donatori, istituzioni filantropiche e soggetti economici a sostenere l’impresa con liberalità in denaro e/o attrezzature;
• la disponibilità di Enti territoriali e istituzioni filantropiche a sostenere l’impresa con la messa a disposizione di immobili a condizioni non di mercato;
• la disponibilità di professionisti e fornitori a offrire gratuitamente parte delle proprie competenze;
• l’apprezzamento del valore sociale incorporato nel prodotto che orienta le scelte di acquisto con logiche non solo di mercato;
• la disponibilità diffusa alla collaborazione e alla partecipazione entro il contesto comunitario in cui l’impresa sociale opera.

Tutto quest’insieme variegato di “risorse extra mercato” è inquadrabile, per dirla con Karl Polanyi, come set di elementi inseriti in una logica di reciprocità, dove l’aspettativa principale di “restituzione” non è rappresentata da elementi materiali ma, viceversa, è rappresentata da un insieme di elementi immateriali come la constatazione del buon utilizzo e dell’utilità della disponibilità offerta, oltre che ad aspetti quali il poter estrinsecare la propria creatività, di veder valorizzate e apprezzate le proprie capacità, di essere inseriti in sistemi di relazione gratificanti e via discorrendo.

Buona parte di queste risorse extra mercato sono apportate dai soci, segnatamente attraverso l’apporto del proprio capitale relazionale e reputazionale. E, in questo senso, per un’impresa sociale la prima direzione su cui lavorare è, pertanto, l’investimento in un rapporto non occasionale con il proprio contesto di riferimento elettivo, cioè con la propria comunità, non necessariamente legata a uno specifico territorio, composta da persone che condividono un determinato problema o aspirazione, con cui l’impresa sociale attua interazioni significative secondo meccanismi prevalenti di reciprocità.