La prima pagina di ABC del 25 novembre scorso ci fa vedere una Spagna aperta perché pronta a riconoscere le nuove tipologie di famiglia: è, infatti, al via una legge che ne identificherà fino a 16 tipologie differenti.
Questa è una magnifica notizia anche per chi si occupa di architettura in generale e di edilizia abitativa in particolare. Quindi, è una notizia interessante anche per noi di MeWe abitare collaborativo che ci occupiamo di cohousing. Vediamo perché.
La produzione dello spazio va ben oltre la sua rappresentazione materiale (l’architettura) e questo è qualcosa che si vede chiaramente nelle nostre case, uno degli spazi che si è evoluto di meno nell’ultimo secolo.
La ragione? La famiglia. O meglio, l’idea di famiglia che abbiamo quando produciamo lo spazio dell’abitare.
Nel 1884 Engels sosteneva che mentre la famiglia si sviluppava come elemento attivo perché mai permanente e, quindi, era in continua evoluzione, i rapporti di parentela e le loro gerarchie si cristallizzavano come elemento tendenzialmente passivo, con lunghi periodi soggetti a scarsi mutamenti di forma.
Queste gerarchie sono state sempre trasferite al mondo dell’architettura attraverso le cosiddette “tipologie abitative”, e così accade che le relazioni e le gerarchie dei diversi spazi delle nostre case rimangano oggi pressoché intatte, tutte rispondenti a un unico modello: la famiglia nucleare.
Quindi non si tratta solo di cambiare l’architettura, cioè avere spazi più grandi, o un tavolino per lavorare, perché continueremo a vedere immagini come quelle che abbiamo visto di chi durante il lockdown del 2020 lavorava da casa e le nostre case continueranno ad essere più o meno le stesse…
Si tratta di capovolgere tutto. E ripensare tutto. Per discutere la base principale su cui sono progettate le nostre case: la famiglia.
Un esempio che ci piace molto è quello di Truss Schröder, a Utrecht, che mostra come istanze fuori dallo stampo del nucleo familiare di allora (ma anche di oggi a pensarci bene) possano generare altre architetture dell’abitare: è il caso della famosissima SchröderHuis del 1924 progettata da Gerrit Rietveld e le sue pareti mobili.
In sintesi, rispetto al Diritto di Famiglia, rendere visibile la diversità familiare come sta discutendo il governo spagnolo e dotarla di diritti è senza dubbio una buona spinta che può accelerare la capacità di immaginare nuovi mondi, e quindi nuove architetture per l’abitare.
Buona spinta anche per considerare il cohousing non più l’eccezione ma una forma di casa idonea e rispondente ad alcune tipologie familiari della contemporaneità.
A noi di MeWe abitare collaborativo, però, alle sedici famiglie della copertina di ABC sembra che manchi qualcosa. Manca un tipo di famiglia che tutti possiamo sperimentare nella cronaca della quotidianità: la famiglia disgregata, cioè quella afflitta da infedeltà, droga, corruzione, furto e recidiva multipla. È la famiglia reale. E anche questa può trarre buon giovamento dai nostri cohousing.