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Il disegno del condominio solidale

È arrivata la nuova tavola di Mogg che, tra poco, sarà la prima immagine della home page del sito web di MeWe abitare collaborativo. E ogni nuova tavola di Mogg, al secolo Giulia Otta e Michelangelo Giaccone, è una festa. Ed è un piccolo passo avanti o, per dirla come Anna Zumbo, un “salto nel […]

Il cohousing è fatto di rimandi, fili che uniscono

È arrivata la nuova tavola di Mogg che, tra poco, sarà la prima immagine della home page del sito web di MeWe abitare collaborativo. E ogni nuova tavola di Mogg, al secolo Giulia Otta e Michelangelo Giaccone, è una festa. Ed è un piccolo passo avanti o, per dirla come Anna Zumbo, un “salto nel possibile”.
Sì, perché in MeWe abitare collaborativo c’è chi prova a pensare l’abitare condiviso con le parole, chi cerca di rendere possibili le comunità intenzionali con le relazioni, chi si destreggia con la fattibilità del cohousing interrogando i numeri,… e, poi, c’è Mogg che, con coraggio e senso del futuro, ha il ruolo di “immaginare” (in modo un po’ fantastico e un po’ verosimile) quel mondo un po’ inconsueto che è l’abitare alternativo, quello condiviso… Lo storytelling del cohousing è ancora da scrivere, è vero, ma un contributo Mogg lo ha dato sempre e per tutti…

Questa volta Mogg è sceso in Liguria, con i suoi colori e con le facciate dipinte: e per qualcuno in MeWe abitare collaborativo è subito “Genova Blues”. Lì non ci sono “personaggi”, ma persone, non ci sono metafore, ma concetti, e gente che fa cose inerenti la sistemazione di una casa, una giovane in handycap che fa cose e non è solo accudita, una coppia di anziani con lui che guarda il cantiere: siamo sempre un promotore immobiliare che accompagna le famiglie a realizzare la loro casa in una delle varie forme di abitare condiviso e, quindi, un “umarell” ce lo meritiamo anche noi… e, poi, ci sono le due ragazze che giocano a tennis tra i rispettivi terrazzi: perché MeWe abitare collaborativo è stato studiato e organizzato nel primo lockdown… e le fanciulle di Finale Ligure, che hanno comunicato giocando da un terrazzo all’altro, seppur trasfigurate non potevano mancare.

Ma una tavola di Mogg è fatta anche di tanti dettagli, come le vite di chi anima MeWe abitare collaborativo o uno dei nostri cohousing: c’è la sciarpa di Paola e la caffettiera, c’è la squadretta di Lucio e la camicia a pois di Natalia trasformata in tendina. E, poi, ci sono oggetti che erano di altri personaggi già presenti nelle tavole che illustrano il sito web: carote, limoni con la gorgiera che amano i telefoni rosa, il boscaiolo e il capocantiere con il caschetto rosso… piante succulente… uomini con il grembiule… calzini spaiati…
Mogg di loro dicono: “il nostro metodo di lavoro è sempre progressivo, con un progetto di partenza aperto a modificazioni successive. I rimandi e le relazioni sul foglio finiscono per intessersi da soli, poco per volta. E sappiamo sempre che da qualche parte ci sarà un filo del telefono nascosto che unisce due Limoni con la Gorgiera”.
Rimandi, relazioni, cose che uniscono… come libri, tubi e stese che collegano gli edifici, e fili, corde e tubi che collegano le case dove abitano le persone…

La casa può essere un fattore abilitante per la famiglia numerosa? o per la famiglia monogenitoriale con figli minori? o per la giovane coppia alle prese con un lavoro sempre più precario? o per gli anziani che hanno timore di rimanere soli?
Alle domande che assillano noi di MeWe abitare collaborativo, Mogg ne dà una raffigurazione possibile con quei rimandi, quelle relazioni, quei fili che uniscono. Ma, se ci pensi bene, Mogg dà anche un’immagine al Charles Dickens che ci dice “La carità comincia a casa, e la giustizia inizia dalla porta accanto”. Sì, per le famiglie isolate le une dalle altre ci può essere solo un aiuto caritatevole dall’esterno (e dall’alto), ma per la famiglia che abita in un cohousing e trova una relazione con i suoi vicini di casa può iniziare un mondo diverso. Crediamo migliore.