Cambiamento. Dal latino trans formare ovvero andare oltre, superare. Quante volte negli ultimi mesi abbiamo sentito utilizzare o abbiamo utilizzato noi stessi questo termine?
Il cambiamento è insito della natura umana, del tempo che trascorre e delle circostanze in cui si vive. Tutto muta e tutto si trasforma, appunto.
Anche la concezione di “casa” in questi anni pandemici è cambiata; dal classico trilocale “di città” utili per una vita pendolariale e dallo spesso ottimo connubio qualità/prezzo, nel corso dei nostri focus group sull’abitare condiviso è emersa, invece, la necessità di giovani, famiglie e lavoratori di avere quattro mura ariose, spazi fluidi e, possibilmente, del verde a vista d’occhio.
Spazi fluidi dicevamo, che mutano anch’essi nello spazio e nel tempo a seconda delle necessità personali. Il cohousing e l’abitare condiviso certamente sono una risposta a queste esigenze. Pensiamo ad esempio al classico appartamento di 80 mq che, grazie alle aree in coabitazione offerte dalla soluzione in cohousing o nelle altre forme di abitare condiviso può raggiungere -seppur non di nostra esclusiva proprietà- i 300 se non i 400 mq. Il tutto a cifre accessibili e con il vantaggio di condividere ambienti, onori e oneri (pensiamo alla pulizia delle superfici) con la propria comunità intenzionale selezionata.
I mesi trascorsi senza poter uscire hanno sottolineato quanto la casa non sia più semplicemente il luogo in cui riposare le stanche membra dopo una giornata di lavoro, ma il “nido” in cui cullare l’anima e in cui trascorrere, perché no, la maggior parte del proprio tempo diurno. Lo smart working o meglio, l’home working, appunto, ha sottolineato quanto la divisione delle stanze sia fondamentale per un ciclo di vita sano; in tanti, infatti, si sono ritrovati a dover assistere a webinar addirittura in cucina o in salotto in condivisione con il figlio in DAD con ripercussioni notevoli sulla propria salute psico-fisica.
E se la casa, appunto, potesse modificarsi con il suo proprietario a seconda delle necessità? Se la gestione degli spazi venisse già pensata per ospitare una famiglia allargata, una riunione improvvisa o una situazione d’emergenza? Allora non ci sarebbe più bisogno di traslochi frenetici, soluzioni rattoppate e fastidiosi grattacapi.
Attenzione, con la definizione “spazio fluido” non intendiamo l’abitazione perfetta, il castello fatato o la reggia dei sogni, ma una casa in grado di rispondere alle necessità contingenti nel migliore dei modi. Una casa “incasinata” ma vera, viva, da dipingere a seconda delle mode e degli umori e da modellare a proprio piacere tra uno shabby e un country; una casa “parva sed apta mihi” citando Ariosto. E se il cambiamento, quindi, non spaventa più l’unica cosa che può davvero metterci in difficoltà e non essere preparati e pronti a cogliere il cambiamento. Anche dal punto di vista abitativo. (MT)