Sette migliori amiche hanno comprato una casa per invecchiare insieme, hanno speso più di 500mila euro per ristrutturarla e farla diventare la casa dei propri sogni. È successo in Cina, l’abitazione, di 700 metri quadrati, è situata in un villaggio naturale che dista circa 70km da Guangzhou.
La news appena riportata è del luglio 2019 ma di certo è rimasta nella memoria di tutti noi rievocando subito nell’immaginario collettivo le quattro eroine contemporanee di Sex and the City. Oggi non occorre più andare così lontano per trovare storie come questa né possedere un tale patrimonio: la condivisione del 2021, infatti, si chiama cohousing o un’altra delle forme di abitare condiviso e l’idea parte proprio dal dar luogo a una relazione salda e duratura (prende il nome di comunità intenzionale) tra gli inquilini con una soluzione economica accessibile.
La casa, fin dal Medioevo per i nobili se non dagli antichi romani, è sempre stata vista come luogo di aggregazione, un posto dove ospitare amici e conoscenti per rituali di gioia e convivialità; se fino a poco tempo fa questo pensiero spesso rimaneva solamente tale per una questione di metratura, la pandemia ha dimostrato quanto, dopotutto, siano sufficienti un tavolo e quattro sedie in cucina per ricreare quelle magiche atmosfere del passato.
Non solo. In questi mesi i figli hanno riscoperto l’importanza di avere una dimora nei pressi di quella genitoriale e a portata di amico e parentado al fine di facilitare il supporto relazionale ed economico. Come evidenziato dall’indagine di MeWe Abitare Collaborativo condotta da Anna Zumbo, il termine casa all’epoca del Covid assume una quadruplice valenza:
– Casa per vivere con gli altri: ad ognuno il proprio spazio ma con ampie stanze comuni da condividere con gli altri inquilini;
– Casa in cui ricevere e accogliere gli altri: gli spazi di fondono e si adattano per ospitare feste, ricevimenti, colleghi e non solo;
– Casa in cui tessere relazioni contro l’isolamento: una casa tra le case per supportarsi gli uni con gli altri in piena vision di vicinato;
– Casa da progettare e condividere con gli altri: l’esempio delle “nostre amiche” citato all’inizio dell’articolo.
E’ evidente, quindi, come il concetto abitativo sia in continua evoluzione specialmente nella suddivisione e nella ripartizione degli spazi; se chi vive nel piccolo trova una dimensione ginnica e adattiva alle esigenze relazionali, chi si trova, invece, nel grande si trova a dover ripensare totalmente la propria dimora con stanze “abbandonate” in favore di cucine, lavanderie e via discorrendo. E se queste stanze dimenticate diventassero il perno per quei famosi spazi condivisi di ritrovo e di convivialità di cui parlavamo poc’anzi? Se le case venissero progettate già dalle loro fondamenta con quei locali in co-abitazione?
Ecco che il cohousing ancora una volta si rivelerebbe una soluzione vincente in grado di accontentare giovani e meno giovani vedendo la relazione umana come perno di ogni scelta. Il quartiere dentro la città, la residenza nella residenza, con una propria vita, una propria autonomia, ma a portata del “mondo” tramite collegamenti ed infrastrutture efficaci ed efficienti. In un mondo in costante cambiamento anche la casa non può non adattarsi ad esso. (MT)