Il Natale e le sue festività si avvicinano e siamo pronti a tuffarci nuovamente in quei riti e rituali dopo oltre un anno e mezzo di stop (se non ci sbrighiamo a pubblicare il pezzo, le decisioni del Governo rischiano di renderlo vecchio prima di vederlo sul blog); impossibile dimenticare, infatti, il medesimo periodo del 2020 tra lockdown controllati e zone colorate rafforzate. Oggi siamo tutti consapevoli di quanto non sia poi così importante ciò che troviamo sotto l’albero, ma le persone che sono attorno a esso al nostro fianco.
Ecco perché, le feste in cohousing o in altre forma di abitare condiviso, ad avviso di MeWe Abitare Collaborativo, sono un toccasana per quanti vogliono godere a pieno del loro spirito. Immaginiamo di essere in una grande casa dagli spazi condivisi dove i bambini urlano di gioia alla vista dei doni sotto il pino addobbato nel salone comune e i nonni, di sangue e non, apparecchiano la tavola sia il 24 sera che il 25 mattina per accogliere le pietanze prelibate e fumanti preparate dalle mamme e, perché no, dai volenterosi papà. E se anche non si crede in “Gesù bambino”, nessun problema: sarà ugualmente un momento di comunità per riscaldare il cuore di grandi e piccini.
Così gli anziani non sarebbero più soli, come abbiamo più volte scritto su queste pagine (non dimentichiamo che chi è solo durante l’anno, nel corso delle festività soffre ancor più la solitudine) e quanti faticano a rimpinzare di leccornie le cucine potrebbero unire le forze nel loro abitare condiviso all’insegna dell’ “insieme è più bello e più economico” (nel 2019 la spesa media per lo shopping natalizio degli italiani su fonte Coldiretti era di 221 euro a cui si deve aggiungere quella alimentare: non proprio pochissimo e, soprattutto, non per tutti).
Immaginiamo, oltre alla casa in cohousing, anche un intero quartiere in festa, con giardini addobbati, decorazioni realizzate ad hoc manualmente e lucine colorate fuori dalle porte sempre pronte ad aprirsi per accogliere un amico in più.
Per noi di MeWe Abitare Collaborativo questo è il Natale delle persone, della fratellanza, dell’unione; in tanti mesi di solitudine e di divisione oggi, finalmente (o, per prudenza, sarebbe meglio usare il “forse”), possiamo tornare a sorridere insieme seppur dietro a delle mascherine. Essere casa, infatti, non significa condividere solamente gli stessi mattoni, ma sguardi, abbracci e sentimenti: è questo il senso ultimo dell’abitare condiviso e del cohousing.