Noi di MeWe abitare collaborativo abbiamo già scritto intorno al tema dell’irrompere dei bisogni relazionali nella definizione della nuova questione abitativa. E per chi si occupa di promuovere interventi di abitare condiviso e di cohousing, indagare e far comprendere in profondità i legami tra la casa che abitiamo e il nostro stato di salute è di vitale importanza.
Troppo sovente, infatti, il tema dell’abitare e del disagio ad esso connesso è stato affrontato con riferimento esclusivamente alle dimensioni economiche o fisiche: dalla difficoltà economica a sostenere le spese legate al pagamento del canone di locazione o del mutuo alle caratteristiche strutturali dell’immobile in cui si vive (dimensione degli ambienti, distribuzione degli spazi, qualità costruttiva, ecc.). E le politiche pubbliche che negli anni si sono occupate di casa sono state coerenti con questo punto di vista.
Tuttavia, per meglio comprendere le condizioni in cui versano le famiglie, e ancor più, i bisogni di abitare che esprimono, occorre allargare questo sguardo e prendere in considerazione anche altre tipologie di vulnerabilità e fragilità. Noi di MeWe abitare collaborativo, e non potrebbe essere diverso vista la centralità che attribuiamo al cohousing e alle varie forme di abitare condiviso, vediamo almeno un’altra grande categoria di fragilità: quella riferita alla salute e ai suoi legami con la casa. Ed ecco, quindi, il nostro quadro complessivo delle tipologie di debolezze che, senza tanto nascondersi, legittima ancor di più l’esigenza di ampliare l’offerta di casa sociale al cohousing e all’abitare condiviso:
• la “vulnerabilità finanziaria”, intesa in termini di difficoltà nel sostenere le spese legate all’abitazione;
• la “debolezza immobiliare”, caratterizzata da un’insoddisfazione riguardante sia le caratteristiche dell’immobile e sia una serie di aspetti relativi al contesto in cui si vive;
• la “fragilità della salute”, caratterizzata da problematiche legate al tema della salute (presenza di persone non autosufficienti, con limitazioni nelle attività quotidiane, ecc.) e del sistema relazionale (assenza di una rete familiare o amicale di supporto, ecc.).
La salute sociale è un concetto che si riferisce a molteplici questioni di benessere delle persone. Volendo analizzare le relazioni tra diritto alla casa e diritto alla salute, attraverso l’impatto sul benessere sociale ed emotivo del singolo, occorre cominciare con l’enucleare il disagio profondo connesso alla precarietà residenziale e/o ai processi di perdita della casa connessi agli sfratti o similari. Inoltre, ci sembra necessario individuare quei fattori di vulnerabilità che sono legati a una maggiore esclusione legata all’alloggio, come la monogenitorialità, la disabilità o la solitudine indesiderata.
Infine, riteniamo opportuno concentrare l’attenzione sulle reti di sostegno, poiché è l’aspetto socio-sanitario che più si adatta e comprende aspetti che si riferiscono alle relazioni con le altre persone. A causa della crisi sociale e sanitaria derivata dal COVID-19, alcune delle funzioni di queste reti di supporto sono state bloccate o seriamente compromesse, aspetto di grande importanza in Italia rispetto ad altri paesi europei data la centralità delle reti parentali nel delineare il sistema di welfare di fatto. E in questi due anni di COVID-19, potendo meno far ricorso a un modello familiare di supporto e assistenza, si è evidenziata la fragilità generale del sistema di welfare e la necessità di rafforzare, da un lato, politiche pubbliche stabili e durature che favoriscano l’uguaglianza in relazione al diritto alla salute e alla casa e, dall’altro, la crescita di un canale alternativo nell’offerta immobiliare connotato dall’abitare condiviso e dalle varie forme di cohousing.
A questo punto, ci pare necessario dare una forma tassonomica alla vulnerabilità della domanda abitativa che stiamo tratteggiando, in funzione delle tre tipologie di cui sopra.
Per quanto attiene la vulnerabilità finanziaria rispetto all’abitazione, oltre a chi ha reddito non sufficiente per arrivare alla fine del mese, possiamo definire tale una famiglia che:
• non riuscirebbe ad affrontare o affronterebbe con molte difficoltà una spesa imprevista di € 5.000 dovendo attingere ai risparmi o che non ha risparmi a cui attingere;
• non riuscirebbe ad affrontare o affronterebbe con molte difficoltà la perdita di lavoro di un componente della famiglia;
• non potrebbe valutare l’acquisto o il cambio di abitazione a causa della situazione economica della famiglia stessa.
Per quanto attiene, invece, la debolezza immobiliare di una famiglia è data dalla propria insoddisfazione rispetto a diversi aspetti specifici relativi alla propria abitazione e dalle conseguenti difficoltà nel caso dovessero cambiare o riqualificare l’abitazione:
• la dimensione e/o la suddivisione degli spazi rispetto alla composizione del nucleo familiare o alle sue esigenze specifiche;
• lo stato di conservazione dell’abitazione e/o dell’edificio;
• l’adeguatezza delle prestazioni energetiche dell’abitazione e/o dell’edificio;
• la soddisfazione rispetto a diversi aspetti relativi al contesto in cui l’immobile si trova in termini di sicurezza della zona, vicinanza ai servizi e/o ai trasporti pubblici.
Infine, relativamente alla dimensione della fragilità della salute causata da aspetti legati alla casa, in MeWe abitare collaborativo consideriamo fragile in tal senso una famiglia rispetto a tre dimensioni:
• psicologica, dovuta alla presenza di componenti che fanno abuso di sostanze che danno dipendenza, con problemi emozionali o comportamentali, ecc.;
• fisica, dovuta alla presenza di problemi di salute cronici o acuti di un componente della famiglia quali patologie cardiovascolari, infermità da infezione o allergia, sintomi neurologici e disagio psichico, patologie respiratorie, ecc.;
• sociale ed emozionale, dovuta alla presenza di solitudine non desiderata, cattive relazioni con il vicinato, condizioni di isolamento, carenza o fragilità delle reti di relazione parentale e/o sociale.
Alla luce di questo quadro così articolato di debolezze dovrebbe essere un po’ più chiaro che l’abitare condiviso o un alloggio in un cohousing non risponde solo a un mutato immaginario o a un diverso progetto di vita, ma è tale da dare qualche risposta al perseguimento di obiettivi pubblici intorno alla salute sociale. Anzi, si può dire che la casa è un elemento chiave per proteggere e garantire la salute dei cittadini e, al contempo, che senza un alloggio adeguato non si può dar per certo neppure il diritto alla salute. E che questi obiettivi altissimi passino anche per case diverse dall’offerta tradizionale, dall’abitare condiviso e dal cohousing, è impegno di MeWe abitare collaborativo dimostrarlo…