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Quando proponi il cohousing, non rinunciare alla radicalità della proposta

39 anni e dal 2019 è deputato al Parlamento europeo (MEP) insieme ad altri cinque compagni della delegazione del movimento della France Insoumise, appartiene al gruppo GUE/NGL (Confederal Group of the European United Left/Nordic Green Left, il gruppo degli eurodeputati di sinistra al Parlamento europeo). Sul suo profilo Twitter si presenta così: contro le piattaforme […]

39 anni e dal 2019 è deputato al Parlamento europeo (MEP) insieme ad altri cinque compagni della delegazione del movimento della France Insoumise, appartiene al gruppo GUE/NGL (Confederal Group of the European United Left/Nordic Green Left, il gruppo degli eurodeputati di sinistra al Parlamento europeo). Sul suo profilo Twitter si presenta così: contro le piattaforme e il loro mondo; per l’onore dei lavoratori; e per un mondo migliore.

Nella seconda intervista dopo quella a Kim van Sparrentak, qualche mese fa MeWe abitare collaborativo ha parlato con Leila Chaibi via Zoom, soprattutto per andare a verificare come la sinistra politica, quella più attenta alle condizioni dei giovani e di quella generazione che del precariato fa un tratto identitario, si pone di fronte al tema della casa e dei nuovi modi di abitare.

L’avvio della conversazione trova nell’iniziativa volta alla costruzione del Pilastro Sociale dell’Europa il punto naturale di possibile convergenza. Noi che ci occupiamo di cohousing e abitare condiviso, secondo una prospettiva marcatamente sociale, riponiamo in questa iniziativa un bel po’ di speranze per una società più coesa e più giusta: insomma, in un’Europa migliore.
E Chaibi ci sorprende: “È stata un po’ una delusione il piano d’azione approvato dalla Commissione al Social Forum e quando l’Unione Europea parla di casa, diventa subito una questione solo di homelessness”. Effettivamente, per come si sta delineando il piano d’azione del Pilastro Sociale, sembra davvero che la dimensione della casa sia limitata all’investimento a favore dell’eliminazione degli homeless: problema significativo, ma non l’unico che mette in crisi le nostre società. Nessun accenno all’abitare condiviso e neppure all’affordable housing.

La MEP francese ha molto chiaro come il problema della casa tocchi da vicinissimo la middle/class, lettura così cara a noi di MeWe abitare collaborativo. Così ci racconta: “oggi, specialmente dopo la pandemia, molte persone della classe media che prima erano in grado di comprare una casa o un appartamento nel mercato privato, non lo sono più: le aziende sono state chiuse e chi era impiegato ha perso il lavoro o ha meno soldi. È questo il motivo per cui è molto importante che il social housing non sia destinato solo ai più poveri, ma che ci possano essere case a prezzi accessibili anche per la classe media, cioè per le famiglie che si trovano di fronte a un mercato privato che è sempre più caro”.

A questo punto, come con van Sparrentak, compare il tema degli aiuto di Stato. Si, perché ogni possibilità di modificare le politiche pubbliche per favorire in modo estensivo l’accesso alla casa deve passare attraverso i vincoli del diritto europeo e della questione legata al fatto che il social housing è considerato come servizio di interesse economico generale (SIEG) “ed esiste questo dogma all’interno dell’Unione Europea secondo cui non si può fare concorrenza sleale a danno del mercato privato”. In altri termini, quando uno Stato finanzia il social housing, questo deve essere dedicato esclusivamente a un gruppo target specifico, e questo gruppo target deve essere: “cittadini svantaggiati o gruppi sociali più svantaggiati”. E per questo motivo, dieci anni fa i Paesi Bassi sono stati sanzionati dall’Unione Europea che ha detto: “quello che state facendo è illegale, state dando troppi soldi per gli alloggi a prezzi accessibili, non potete dare aiuti alla classe media per alloggi a prezzi accessibili, gli aiuti possono riguardare solo cittadini svantaggiati o le persone più povere”.

Cosa c’è di così politico dietro a una questione così apparentemente tecnica come la modifica alla disciplina degli aiuti statali? C’è il poter adottare un approccio universale alle abitazioni a prezzi accessibili. Come ci spiega Chaibi, è su questo punto che “l’Unione Europea deve dimostrare che non è solo un mercato, non è solo uno spazio per la concorrenza, ma è anche uno spazio in cui vi è azione sociale. L’Unione Europea dovrebbe abbandonare tutti i dogmi che pervadono la politica europea come il mercato, l’austerità, la politica di concorrenza per fare in modo che il contrasto all’emergenza sociale sia l’obiettivo guida della politica dell’Unione”.

La difficoltà generale di accesso alla casa, insieme alla precarietà del lavoro, ha avuto effetti molto profondi in molti Paesi europei, segnatamente quelli del Sud Europa: ha contribuito all’aumento delle disuguaglianze, ha alterato le dinamiche sociali e ha esacerbato il ritardo nell’età dell’emancipazione. Se circa il 50% dei cittadini europei tra i 18 e i 34 anni vive con i genitori, questa percentuale sale ben oltre il 60% in Spagna e in Italia: questo ritardo nell’età dell’emancipazione ha, a sua volta, contribuito al ritardo nell’età media della gravidanza, una riduzione del tasso di natalità e un peggioramento delle aspettative vitali di milioni di giovani.

“È una questione culturale, ai giovani dell’Europa meridionale piace restare a casa dei genitori”. Di fronte a questa valutazione di un MEP dell’Europa orientale appartenente a un partito di destra che Chaibi ci riporta, ci sembra chiaro che i tempi non sono ancora del tutto maturi perché la politica si faccia davvero carico dei problemi abitativi dei giovani.

Anche se la MEP francese, come tutte le persone che non vogliono perdere la fiducia, ci ricorda qualcosa che non dobbiamo mai dimenticare: i problemi non vanno mai troppo settorializzati, non vanno mai troppo spezzettati; e allora è il momento in cui dalla casa si passa a parlare del livello salariale: “perché le persone stanno con i loro genitori? Perché è sempre più difficile trovare lavoro, perché il mercato del lavoro è sempre più irraggiungibile e i giovani non hanno il denaro e le condizioni sociali per essere finanziariamente indipendenti e socialmente autonomi. Questo è il problema”.

Chaibi, però, ha anche una visione di dettaglio e un paio di proposte che chi ha cuore i problemi della casa accessibile dovrebbe tenere a mente. “Per rendere il mercato privato più accessibile nei prezzi e permettere alle persone di potersi permettere di affittare un appartamento nel mercato privato, penso che si debba combattere la speculazione e un modo per farlo sarebbe avere più alloggi disponibili nel mercato rispetto all’offerta, perché se i prezzi delle case è troppo alto è perché non ce ne sono abbastanza. Perché non indurre i proprietari ad affittare queste case, per esempio tassando le case disabitate?”.

Abbiamo sicuramente bisogno di personale politico che lotti contro le case vuote ma conversando con Leila Chaibi emerge ancor più quanto sia importante avere una politica che non separi i problemi e che, viceversa, sappia connettere i problemi settoriali con quelli più generali. Grandi questioni politiche che per la MEP francese sono il limite del 3% al deficit annuo che la UE ha sempre imposto prima della pandemia ancora in corso e la questione del salario minimo a garanzia dei giovani che entrano nel mercato del lavoro.

La nostra conversazione si chiude con una conferma: se vuoi introdurre delle novità, come noi di MeWe abitare collaborativo intendiamo fare attraverso la diffusione del cohousing e delle varie forma di abitare condiviso, non puoi rinunciare a una qualche radicalità nella proposta rispetto al pregresso. E Chaibi ci racconta di quando ha “avuto la possibilità di conoscere un’organizzazione che forse conoscete anche voi, il Community Land Trust Brussels, un’organizzazione dedicata a fornire accessibilità permanente agli alloggi sociali proponendo un modello alternativo: le persone comprano la casa ma la terra rimane pubblica, è un modo per far sì che le case rimangano disponibili nel lungo periodo e non entrano nel mercato speculativo”.