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Case per comunità di persone diverse

È stata la settimana della presentazione dell’annuale rapporto “State of housing in Europe 2021” da parte di Housing Europe, cioè la Federazione Europea dei soggetti pubblici, cooperativi e sociali che producono e gestiscono il social housing e ben 26 milioni di case in 24 Paesi. Tra i tanti spunti, c’è un messaggio chiave del Presidente […]

i quartieri devono essere accessibili fisicamente e finanziariamente per diversi gruppi di età, diversi livelli di reddito, diversi percorsi di vita

È stata la settimana della presentazione dell’annuale rapporto “State of housing in Europe 2021” da parte di Housing Europe, cioè la Federazione Europea dei soggetti pubblici, cooperativi e sociali che producono e gestiscono il social housing e ben 26 milioni di case in 24 Paesi. Tra i tanti spunti, c’è un messaggio chiave del Presidente di Housing Europe Bent Madsen riferito all’idea di inclusione sociale che l’edilizia abitativa è chiamata a perseguire: “i quartieri devono essere accessibili fisicamente e finanziariamente per diversi gruppi di età, diversi livelli di reddito, diversi percorsi di vita”.
Queste parole risuonano anche nella mission di MeWe abitare collaborativo allorché ci facciamo promotori di cohousing che offrono l’opportunità di riscoprire, attraverso la costruzione di piccole comunità intenzionali capaci di reinterpretare, perdute forme di socialità e vicinato. Piccole comunità intenzionali in cui ognuno possa soddisfare il desiderio di ritrovare modi di abitare improntati alla coabitazione (come per l’abitare collaborativo interpretato dai cohousers) e alla riduzione dell’impatto ecologico che non si trovano comunemente soddisfatti in prodotti immobiliari pensati per una società di massa.
Hai presente, ad esempio, quell’orribile e banalizzante locuzione “piano tipo” tipica del settore immobiliare e che esprime l’assetto di ciascun livello di un edificio ripetute uguale piano per piano, presentando le stesse caratteristiche dimensionali e distributive? Ebbene, questo è un esplicito modo di proporre un unico modo di soddisfare bisogni abitativi quando invece si hanno differenti utenze per “diversi gruppi di età, diversi livelli di reddito, diversi percorsi di vita”.
Sulle differenze si fonda il cohousing promosso da “MeWe abitare collaborativo”, perché si pensa a piccole comunità di cohousers, ci si rivolge a un insieme quanto più plurale e variegato di persone e famiglie, si riconosce quel carattere estremamente diversificato delle esigenze abitative della contemporaneità: dai giovani agli over 65, dai nuovi cittadini alle famiglie numerose, dai genitori separati al “dopo di noi”.
Ed è proprio partendo da questa “mixité” di caratteri, necessità e desideri, un po’ come nel messaggio chiave di Bent Madsen, che la nostra azione fa sì che ognuno possa trovare, nell’architettura della propria casa, una risposta a quello che davvero chiede. “MeWe abitare collaborativo” con il suo abitare condiviso o cohousing non parla a una società di massa ma vuol parlare e offrire risposte abitative differenti per una grande società di infinite voci individuali che si intrecciano in direzioni diverse e nell’intrecciarsi diventano creative. Una società molto probabilmente migliore rispetto a una società che costringe in un’unica soluzione la propria diversità…