Come può essere che, in un tempo di rapidi cambiamenti, il prodotto casa sia lo stesso da molte decadi?
Ce lo chiediamo noi che di mestiere pensiamo a come innovare la case e i modi di abitare con i nostri cohousing e te lo dovresti chiedere anche tu, curioso consumatore, che stai leggendo questo blog.
Dobbiamo, però, ammettere tutti quanti che è proprio strano il conservatorismo di questo settore imprenditoriale. Mentre in altri settori la ricerca dell’innovazione procede a un ritmo anche frenetico, la casa è praticamente impermeabile a modelli e idee nuove.
Guardiamo gli alloggi che vengono realizzati e messi sul mercato: quegli acquirenti saranno destinati ancora a vivere come i loro nonni e i loro padri, come se non avessero vissuto una pandemia, non avessero magari sperimentato il telelavoro, non avessero anche conosciuto le piattaforme di intrattenimento (cioè Netflix, Disney+, Prime Video,…) che hanno sostituito i cinema multisala,…
In questi anni, segnatamente dopo la pandemia, possiamo dire che la casa stia tornando al centro del dibattito, quasi cent’anni dopo i CIAM che seppero definire la casa della modernità, cioè quella che accolse milioni di persone che si stavano inurbando nelle città.
E i tempi, dopo la pandemia, con le migrazioni di massa e una guerra ai confini dell’Europa, la crisi climatica sempre più evidente, un’inflazione a doppia cifra che mette in ginocchio tutti a cominciare chi ha di meno, ci stanno dicendo che è il momento di porsi davvero il problema.
Che cosa capiamo noi, che di mestiere facciamo cohousing e altre forma di abitare condiviso, guardandoci attorno? Capiamo che si stanno sperimentando vari modi di adeguare l’architettura alla vita contemporanea adottando strategie multiple. Qualcuna ha a che fare direttamente con il cohousing, qualche altra può essere adottata anche da tipologie residenziali più ordinarie. Vediamone quattro…
1 / Assumere l’esistenza di una serie di lavori domestici che sono diventati imprescindibili nelle nostre vite ed eliminare gli spazi a loro dedicati dalle nostre case che, quindi, potranno essere più utilmente condivisi.
Si tratta, in buona sostanza, di centralizzare i servizi, quali la lavanderia, la cucina, i depositi,… e destinare la propria casa al solo riposo e al recupero dell’energia…
È questa la strategia che più a che vedere con i cohousing che pensiamo noi di MeWe abitare collaborativo.
2 / Agevolare la possibilità di scambiarsi l’unità immobiliare (o anche solo una stanza) tra vicini, in ragione della necessità di incrementare o ridurre la dimensione delle unità immobiliari nel lungo ciclo di vita di ogni famiglia.
Strategia difficile, se non impossibile da attuare, allorché i vicini di casa sono degli estranei che si conoscono solo una volta che hanno acquistato la propria casa.
Strategia, viceversa, possibile se i vicini di casa, prima di essere tali, sono membri della stessa comunità di residenti fin da prima dell’esistenza della casa, come succede per chi, come noi, propone cohousing o abitare condiviso.
3 / Degerarchizzare la distribuzione interna al fine di far fronte all’evoluzione del proprio nucleo famigliare nel corso del tempo e in funzione delle conseguenti diverse necessità spaziali. Si rompe così con la tradizione, spesso illogica, di gerarchizzare le parti della casa.
In qualche progetto sperimentale, come quelli di Peris+Toral a Cornellà, Bosch+Capdeferro a Girona, Pau Vidal+Vivas ne “La Chalmeta” o Harquitectes a Gavà, assistiamo alle misure della camera matrimoniale che si riducono, diventando discrete ma sufficienti. Le camerette secondarie (anche non possiamo più chiamarle così) aumentano leggermente la loro superficie: i bambini hanno più spazio per studiare, giocare o ricevere gli amici. La cucina aumenta notevolmente le sue dimensioni: si adatta a un grande tavolo, come decenni fa, quando la vita si faceva in cucina. Il soggiorno, questo sì, riduce le sue dimensioni.
Laddove è previsto, il corridoio è stato ampliato, anzi, allargato. Grazie alla generosità di questa maggiore larghezza, diventa un vano funzionale vero e proprio: il progetto della casa “regala” un vano in più, ambiguo, che è un ingresso e un distributore, ma è anche uno studio, un ufficio, un’area giochi, una serra, una biblioteca… quello che vogliamo.
In tutti questi casi, non si tratta di ridefinire le superfici, ma di equalizzare i vari ambienti in modo che l’utente ne definisca gli usi, in modo che gli abitanti possano godere della libertà di decidere i vari usi, se camera da letto, studio, officina o spazio per praticare yoga,… Non sappiamo se ci sia qualcosa di più rivoluzionario di una buona cucina in un buon corridoio.
La casa con tre camere da letto + soggiorno + cucina, in queste sperimentazioni, è suscettibile di diventare un contenitore di sei locali, sei stanze neutre, vuote: ogni famiglia vedrà come usarli acquisendo libertà di impostare gli usi e cambiarli nel tempo.
4 / Dalla lezione che abbiamo appreso dalla pandemia, abbiamo capito che si deve privilegiare la relazione tra la casa e gli spazi esterni. Sul punto, la lezione di Lacaton+Vassal va acquisita e, ove possibile, riproposta. Il fine è quello di estendere ciascun alloggio verso l’esterno…
Questa quattro strategie, per noi che pensiamo e realizziamo cohousing, sono una grande sfida per offrire case che funzionino di più. Per te che leggi, invece, potrebbero essere le tue domande di domani…