Abbiamo letto un’analisi comparativa del quadro normativo per l’abitare collaborativo, altrimenti detto cohousing, nel contesto dei servizi sociali delle diverse comunità autonome in Spagna.
È interessante perché ci fornisce, per una delle prime volte, un’interpretazione di quali sono considerati gli elementi essenziali dell’abitare collaborativo, inteso come un modello trasformativo che non solo facilita l’accesso all’alloggio, ma promuove anche la vita comunitaria e l’assistenza. Ed è altrettanto interessante perché sottolinea la crescente rilevanza di questo modello all’interno del quadro dei servizi sociali e la necessità di regolamenti appropriati per sostenerne il suo sviluppo.
Gli elementi caratterizzanti che la normativa affronta allorché si trova per la prima volta a disciplinare il cohousing, segnatamente quello dedicato alla terza età, sono:
1. il nome del modello abitativo e la tipologia di abitazioni collaborative;
2. il quadro giuridico, soprattutto nella combinazione tra norme specifiche e modifiche alle normative esistenti;
3. i requisiti di autorizzazione richiesta per questi progetti e, segnatamente, le innovazioni eventualmente necessarie rispetto a ciò che è richiesto per altri tipi di infrastrutture appartenenti ai servizi sociali;
4. la preservazione dello spirito del modello delle abitazioni collaborative, inclusi valori, principi e l’assenza di scopo di lucro;
5. le modalità di accesso alle abitazioni, cioè i requisiti e le condizioni per l’accesso alle abitazioni;
6. la presenza di sistemi di supporto, considerando la loro natura intermedia tra abitazioni e centri di servizio residenziale.
I diversi documenti normativi spagnoli, riconoscendo in ciò un evidente interesse pubblico, intendono definire e preservare lo spirito del modello abitativo collaborativo enfatizzandone i valori, i principi e le strutture legali allineate al concetto di vita collaborativa. Mirano a garantire l’integrità e il potenziale trasformativo del modello.
La normativa esplicitamente delinea i valori e i principi a cui questi progetti debbono aspirare, come l’importanza della vita comune, della cura e dell’assenza di scopo di lucro. La maggior parte dei documenti normativi stabilisce l’assenza di scopo di lucro come requisito fondamentale della promozione e gestione di un cohousing, garantendo che i progetti siano guidati da valori comuni tipici del non profit piuttosto che da interessi commerciali.
Sembra proprio che il legislatore debba interessarsi delle forme giuridiche che garantiscano la governance partecipativa e la perpetuazione del modello, come l’uso di specifiche strutture legali come associazioni o cooperative.
Inoltre, la normativa affronta il tema dell’accesso all’abitazione, garantendo che sia non speculativo e allineato ai principi dell’abitare collaborativo, come l’uso dell’abitazione in un modello di proprietà cooperativa o collettiva. E, infine, viene data opportuna considerazione all’età e altri requisiti per le persone che risiedono in questi progetti, mirando a determinare comunità inclusive e diverse.
Non è molto, ce ne rendiamo conto, ma ci dà un primo riferimento su quali debbano essere considerati gli elementi non negoziabili di un modello abitativo, quello del cohousing inquadrato nel settore dei servizi sociali, senza che questo venga stravolto e svuotato di senso.